Immaginatevi di avere un ristorante. Un bel ristorante, appena rimesso a nuovo.  Avete un menù molto ricco e il locale quasi sempre pieno. Tutti i clienti sono soddisfatti ma quando a pagare tocca allo zio furbo, succede qualcosa di strano. Presentate il conto di 50 euro e lui con voce quasi indifferente ve ne porge 30 dicendo “secondo me questi vanno bene”. Alle vostre rimostranze, l’unica giustificazione che ricevete è che “da Mario” sarebbero stati sufficienti.

“Ma voi avete mangiato qui, non da Mario!”… “Beh, mi faccia causa”.

E’ quello che succede regolarmente con alcune compagnie di assicurazione, dover ricorrere in tribunale per avere ciò che ci spetta. E quasi sempre per una valutazione soggettiva da parte di un loro funzionario, regolarmente sbugiardata davanti al giudice di pace di turno.

A dire il vero sempre meno, da quando per tutelare la nostra azienda e i nostri clienti abbiamo deciso di servirci dei garanti di Federcarrozzieri, professionisti di nome e di fatto. Da allora il ricorso al tribunale è quasi sempre scongiurato anche grazie ad un reciproco rapporto di correttezza che si instaura senza problemi fra persone serie. Se sei trasparente e ti rappresenta qualcuno che non crede più a Babbo Natale, anche a chi deve pagare sa che non è un buon affare allungare il brodo. E sa anche che non sarebbe giusto. Ma siccome non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, alcune compagnie si ostinano a mandarci in villeggiatura nei vari uffici dei giudici di pace locali.

Non nascondo un certo piacere nel vedere come ogni volta che arriviamo alla fine, le suddette compagnie si prendano regolarmente delle ciaffate imbarazzanti per sentenza o un minuto prima per evitarla. Però capite bene che se nel mio ristorante avessi tutti clienti così, riuscirei a malapena a pagare le spese e se dovessi basarmi sui tempi della giustizia per avere il mio guadagno, avrei già chiuso da un pezzo.

Sarebbe bello ribaltare per un po’ l’onere della prova. Ovvero tu mi paghi e se pensi che me ne sia approfittato fammi causa tu. Inutilmente, fra l’altro, visto che dal ’96 che calco la scrivania del Palai, ancora non ho avuto il dispiacere di vederla considerare soccombente, o come cavolo si dice (non siamo mica a “Un giorno in Pretura”), in una causa. Certo però questo darebbe l’alibi ai furbi della sponda opposta di forzare un po’ più del dovuto la mano sulle riparazioni, e noi da certi atteggiamenti abbiamo sempre preso le distanze.

Sarebbe sufficiente dunque agire con coerenza con i propri collaboratori. Se un perito espone la compagnia ad una brutta figura, quando questa si materializza si dovrebbero trarre le conseguenze del caso. Anziché dargli un premio come spesso accade, chiederne conto. Stessa cosa dicasi per certi liquidatori come l’ultimo in ordine di data che per 3 volte tre a distanza di mesi, ha offerto l’elemosina di 1.000 euro per chiudere una causa, per poi abbandonarla versandone il TRIPLO + INTERESSI e ONORARI AVVOCATO. Una robetta da 3.000 euro in più che pagheremo tutti noi nelle polizze future.

Purtroppo in questo settore con il fatto che alla fine paga pantalone, ognuno si sente libero di fare ciò che vuole senza mai prendersene la responsabilità. Perfino di pagare il conto del ristorante sbagliato con i risultati appena esposti. Contenti loro…